ultimo aggiornamento: 17/12 14.45
HOME PAGE

CORSIVO
GIUDIZIO

 
 
 

E venne il giorno.
Dopo mesi di detto e non detto, di velate anticipazioni, di non convinte riconferme.
Ci potrebbe essere qualche dubbio sul definire Andrea Giani una bandiera della pallavolo modenese. Forse no, non lo può essere come lo è stato Cantagalli, come lo fu Dall’Olio, come lo furono i vari Sibani, Nannini, Morandi, Bertoli, come lo sono stati in panchina Anderlini o Velasco. Perché prima che grande campione nella Daytona che ha vinto tutto, e a più ripetizioni, il Giangio è stato acerrimo nemico nell’odiata (e ahimè scomparsa) Maxicono. Perché il Giangio non è di Modena, non è della nostra zona, non è pallavolisticamente cresciuto qui dove invece sono cresciuti Cantagalli, Lucchetta o Dall’Olio. Abbiamo già terminato le prove contro, però. Giani ha dato moltissimo alla pallavolo gialloblu, come giocatore prima, come uomo poi e mentre, in questi dodici anni. Ha dato meno come allenatore, e ha sicuramente pagato l’inesperienza del noviziato e una voglia di scommettere e rischiare che forse non doveva seguire, non adesso almeno, che la corazza da tecnico ancora non era ben solida. Ma non può essere una colpa così grave. O almeno non può essere una colpa altrettanto grave rispetto a quelle che ha la società che su di lui ha investito, con una mossa d’immagine lo scorso anno, senza nessuna convinzione e in mancanza di valide alternative che pure erano state sondate nell’estate appena trascorsa.
Se ne va una bandiera quindi, possiamo dirlo. Ma se ne va a testa altissima (e le bellissime dichiarazioni di ieri lo confermano), perché Giani alla pallavolo modenese ha solo regalato e mai tolto: in quest’ultima stagione e mezzo magari ha perso un po’ i riferimenti, ma l’ha fatto in assoluta buona fede e con grande generosità, sempre. Diciamo che forse troppo spesso si è trovato da solo con le sue incertezze comprensibilissime, nello spogliatoio e di fronte ai piani alti del PalaPanini. Che in quest’ultima stagione non lo hanno difeso mai davvero, ma solo di facciata, per evitare e ritardare fino al momento dell’inevitabilità un’operazione (quella dell’esonero) di sicuro malvista dalla piazza e dai tifosi.

Da quando il volley di Modena è passato di mano, da Vandelli a Barone e Grani nel maggio del 2005, la Cimone-Trenkwalder non ha più vinto nulla di significativo, perché non credo si possa considerare la Challenge Cup significativa e degna di essere presa in considerazione, di fronte a scudetti, coppe dei campioni, coppe Cev, coppe Italia, supercoppe e quant’altro. Negli ultimi due anni dell’era Daytona, nei quali patron Vandelli aveva cercato inutilmente compratori, era arrivata soltanto (visto cosa si prospetta oggi, si fa per dire) una Coppa Cev contro Piacenza, con Modena incapace di entrare nei play off, prima con Menarini subentrato a Lorenzetti, poi con Velasco. Due stagioni fallimentari, di smobilitazione, ma comunque costruttive per il post (con buoni acquisti), e che venivano dopo una messe decennale di successi. Nei tre anni, ormai possiamo dire quattro, di era Grani (e Barone) i play off sono sempre arrivati, ma è sempre arrivata anche l’eliminazione immediata nei quarti di finale, così come in Coppa Italia, così come è arrivata un’incredibile sconfitta nella finale casalinga della poco pregiata Top Teams Cup al cospetto di un Bled modestissimo anche per una A2 italiana. Così come è arrivato il successo in Polonia nella Challenge Cup, sia mai che ce lo scordiamo. Sono cambiati tre allenatori, ma su nessuno dei tre (Velasco, Bagnoli, Giani) la società ha mai puntato con assoluta convinzione, chissà perché. Sono cambiate le squadre, prima ruotando (male) attorno all’adorato e mai vincente nei club Ricardo, poi, una volta eliminati lui e i suoi protettori, attorno a un’idea un po’ confusa di rinnovamento, di ringiovanimento, di progetto, non seguendo comunque le indicazioni del tecnico (Giani).
Il paragone coi primi anni di Vandelli (che come Grani era entrato con entusiasmo e spendendo tanto nel volley) sono impietosi: al termine della sua terza stagione la Daytona nata nel 1993 aveva già nel carniere uno scudetto (1995), una Coppa Campioni (1996), due Coppa Italia (1994 e 1995), una coppa delle Coppe (1995) e una Supercoppa Europea (1995). E si apprestava a vincere il suo secondo scudetto e la sua seconda Coppa Campioni (con Giani in campo). Non si può certo dire che Vandelli, in proporzione, abbia speso più di Grani. O se la differenza c’è, è davvero minima. È vero che il volley adesso non è più quello degli anni ’90, e mentre prima tutti i migliori giocavano da noi, adesso la stragrande maggioranza di brasiliani, russi e americani (i top, ora come ora) stanno altrove. Ma è una situazione, questa dell’involuzione del campionato italiano e del livello dei giocatori nostrani, che riguarda tutti, non solo Modena, evidentemente. Vandelli ha semplicemente speso meglio. È stato consigliato meglio da collaboratori scelti con oculatezza (vedi Giovanardi, Bertoli o Recine). Ha investito su una squadra nuova, su una commistione di certezze solidissime (Cantagalli, Mauricio prima e Vullo poi, Bracci e Giani dal 1996) e scommesse ben adocchiate (Cuminetti e Van De Goor, per citarne due soltanto). Pietro Peia (perchè è lui il deus ex machina di questa società) queste scelte le ha sbagliate, non c’è da discutere. E dopo aver annunciato il suo “ritiro” dalla scena ha continuato a fare mercato, a mettere in discussione i tecnici, a fare e disfare.

E poi ci sono prospettive diverse. Come detto poc’anzi, Grani e Barone (e Peia) hanno speso tanto per la prima squadra, ma hanno speso, onestamente, male. Riempiendo di soldi e facendo capitano un palleggiatore che del capitano non ha nulla, spendendo una cifra astronomica per assicurarsi uno schiacciatore come Dennis che al suo attivo aveva, è vero, una stagione e mezzo giocata ad alti livelli, ma anche tanti anni di semi-anonimato, con estati intere addirittura alla ricerca di una squadra. E poi, voi che di pallavolo ve ne intendete, quanti martelli di posto 4 mancini fortissimi conoscete? Per dire… Con tutto che Dennis è un onestissimo giocatore, ma certo non un campione, un fuoriclasse, come è stato dipinto al suo arrivo. Per non parlare poi degli acquisti di Andrè, Heller o Messana, subito sconfessati, o delle improvvisate mal riuscite con Nalbert e Cardona, o delle dipartite poco spiegabili di Pippi e Felipe.
In mezzo a questo andirivieni, la società ha sempre dichiarato di puntare e investire tanto (ma non si sa quanto) sui giovani. Vandelli non ha mai celato il fatto che il settore giovanile, la Daytona, ce l’aveva solo perché obbligata. Per lui che voleva il blasone delle vittorie con la prima squadra, i giovani erano solo una voce di spesa in più, non una fonte di possibili successi futuri. Però ci sono due però: innanzitutto la prima squadra di Vandelli vinceva, e tanto, e quindi la gestione delle spese, per quanto criticabile, ha portato indiscutibilmente a raggiungere gli obiettivi fissati. In secondo luogo le squadre giovanili di Vandelli non hanno ottenuto risultati troppo distanti da quelli che ottiene oggi l’Anderlini-Trenkwalder, e questo è preoccupante vista la diversità d’intenti, dichiarazioni e spese, anche se è vero che i progetti si costruiscono alla lunga, e questo è partito solo da 5 anni.
L’allora Under 18 giocava benino in serie C, l’odierna Under 20 prova a cavarsela in B2. Qualche scudetto nelle categorie più piccole (tra cui quello sublime in Under 14 di chi vi scrive) per entrambi i periodi, mai un acuto nelle categorie che contano, Under 18 e Junior League, quelle dove davvero si vede chi ha stoffa per puntare in alto e chi no. Nessun giocatore, mai, passato dalle giovanili alla prima squadra o se non altro in serie A, anche da un’altra parte. Perché (senza nessuna offesa per i miei amici) le apparizioni di Soli o Pignatti o Sangiorgio o quest’anno di Bartoli non possono definirsi altro che, per l’appunto, apparizioni. E incredibilmente il giovane che ha giocato di più in prima squadra in questi ultimi anni è stato Fabio Donadio, che nelle giovanili della Pallavolo Modena non ci ha mai giocato nemmeno un set, prima di approdare in A1! L’unico del vivaio dell’ultimo decennio che gioca stabilmente (ma non sempre titolare) in serie A è Marcello Forni. Era Vandelli. È arrivato alla Daytona dalla Villa d’oro con me, io ero la sola. Stop. C’è da ripensare bene a come affrontare il discorso del settore giovanile, e capire se non sia meglio convogliare davvero molte risorse alla ricerca (in Italia e nel mondo) di giovani talenti come fanno Cuneo (Martino, Parodi e Rosso vi dicono nulla? E Gavotto, Sottile ecc?), Treviso (Saitta, Maruotti, Antonov, in tempi meno recenti ma non lontanissimi Lasko, Semenzato, Fei e Cisolla) e Macerata (Paparoni, Bari e Della Lunga sempre marchigiani). Oppure dire che il budget è limitato e smetterla con esperimenti (tipo quello di Bertoli jr dello scorso anno) poco utili agli atleti interessati e alla squadra stessa. Si aspetterà un giovane campione modenese, sperando di individuarlo e saperlo valorizzare spendendo poco. E basta.

Concludendo.
Va bene l’esonero di Giani, nel senso che in una stagione così una scossa bisogna darla. Anche se forse è arrivato troppo tardi e dopo un tira e molla francamente inspiegabile: se Giani doveva andare, doveva essere mandato via prima. Ma non sta lì, non sta nel tecnico o nei tempi dell’esonero, il problema della Pallavolo Modena, adesso. Quello dell’allenatore (che comunque non ha saputo infondere ai suoi mentalità giusta e sicurezze, e forse ha un po’ perso il polso dello spogliatoio) è un problema se non marginale, di minor portata.
Perché se una dirigenza fa una squadra come la Trenkwalder 2008/2009 e alla presentazione dice di voler puntare alla semifinale scudetto e alla Final Four di Coppa Italia, lì, con la lista dei giocatori sott’occhio, beh, allora vuol dire o che si fanno affermazioni tanto per scaldare la piazza o che non si ha ben chiaro che cosa si ha in mano. Perché la Trenkwalder sicuramente sta rendendo sotto le aspettative e meno di quello che effettivamente vale, ma, nomi alla mano, è una squadra che se entra nei play off ha già fatto moltissimo e merita un ringraziamento da parte dei tifosi. E la semifinale non potrà essere un obiettivo raggiunto, ma un autentico miracolo sportivo, qualora arrivasse. Treviso, Cuneo, Piacenza, Macerata e Trento sono molto più forti in partenza. Montichiari è un po’ più forte. Perugia e Verona sono alla portata ma più quadrate. Martina Franca e Vibo allo stesso livello. Pineto, Forlì e Padova più scarse (ma con due Modena ci ha perso). Come si fa ad arrivare in semifinale? Forse è davvero meglio pensare prima di tutto a non retrocedere. Poi vedremo.
Giustamente Molducci dice che fare due scommesse in una volta sola è molto, troppo rischioso. La diagonale palleggiatore/opposto è la colonna vertebrale di qualsiasi squadra, e metterla in mano a un alzatore appena ventiduenne (e con un solo anno di A1 alle spalle) e a un opposto di 27 anni che fino a quattro mesi fa era un centrale, beh, è davvero un azzardo per chi punta ad entrare tra le prime quattro d’Italia. Senza offesa per l’ottimo Kooistra (la colpa non è sua ma di chi gli ha addossato così tante responsabilità), la scommessa che ci può stare è quella su Dragan che è giovanissimo ancora, ha stoffa e testa e ama Modena. Ma avrebbe dovuto potersi affidare, nel suo primo campionato in un top team, a un terminale concreto e solido: Kooistra non lo è, per forza di cose. E personalmente sono anche fermamente convinto che cambiare così radicalmente di ruolo a 27 anni (cioè a maturità già ampiamente raggiunta) sia un azzardo che una volta va bene (Giani, ma quella era altra categoria, altra classe, Omrcen un anno fa) e dieci va male, soprattutto se questo “transformer” non ha schiacciatori in grado di sopperire ai momenti di appannamento, come per esempio ha Macerata per far rifiatare Omrcen. Kooistra non li ha, questi alleati, perché Dennis è Dennis e Murilo è concreto ma non una prima banda che si carica il peso della squadra sulle spalle quando ce n’è bisogno. E quindi puntare sull’olandese alla lunga potrà forse essere produttivo (vi ho già spiegato un personale scetticismo) ma resta comunque un azzardo. Lasciando stare la diagonale principale, il resto della squadra è medio-mediocre, con acquisti di ripiego, fatti anche senza troppa convinzione, strani per una piazza come Modena. Vedi l’onestissimo Siebeck, l’olimpionico ma semi-sconosciuto Lee (che se a 26 anni giocava ad Ankara e non a Treviso o Mosca un perché ci sarà), il simpaticissimo Smuc. Forse sarebbe stato più onesto dire «quest’anno i soldi sono questi, i giocatori sono il meglio che con questo budget abbiamo potuto prendere, sono giovani, hanno entusiasmo, vediamo che succede». I proclami non ci piacciono, soprattutto se mettono pressione e sopravvalutano i nostri amici.

Insomma, e parliamo più dati alla mano che per sole convinzioni personali, se c’è qualcosa da cambiare, dentro Pallavolo Modena, non è l’allenatore. Non solo, se non altro. O meglio, allenatore e giocatori non si sono dimostrati finora all’altezza degli obiettivi che sono stati loro assegnati. Ma se allenatore e giocatori, tutti, non valgono quanto si pensava, allora forse la colpa è di chi li ha messi lì, prima di tutto, e ha preteso da loro successi che non potevano arrivare.
Ci aspetteremmo, quantomeno, una costruttiva e severa autocritica. Sarebbe un inizio, se non altro. Se c’è qualcosa da cambiare è soprattutto e prima di tutto in alto, ai vertici della dirigenza. Negli uomini, pensiamo noi. O almeno nella strategia d’azione, ma in maniera assolutamente radicale, anche se ci pare difficile.
Perché tanti anni di fallimenti non si possono imputare soltanto a Giani, a Ricardo, a Kooistra.
I traguardi che si prefissano all’inizio della stagione si possono centrare o meno, questo sempre. Ma un conto è arrivare secondi o terzi, un metro più indietro, un punto più indietro, un secondo più indietro, un altro è arrivare a due giri di distacco senza mai vedere i primi, a 30 punti, fuori tempo massimo. Se si arriva a due giri di distacco, avendo gli stessi soldi se non dei primi due, almeno dei terzi (non sappiamo ora, nelle prime tre stagioni della nuova Pallavolo Modena di sicuro), beh allora non ci sono solo i piloti che non vanno. È chi costruisce la macchina, che ha le colpe principali. Punto.

In bocca al lupo, caro Zanini. E tanta fortuna, perché di culo ne avrà bisogno, almeno fino a maggio, sissignore.

 

di Alessandro Trebbi