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               Una regola mai scritta dice che il buon 
              giornalista non dovrebbe scrivere di cose in cui è coinvolto 
              personalmente. Che gli fanno provare forti emozioni. Ma a me di 
              quello che fanno i buoni giornalisti me ne frega meno di niente, 
              si era capito credo. E questa non è una rubrica di giornalismo. 
               
               
               
               
               
              Così, se avete pazienza, vi racconto una storia.  
              Una storia che sarebbe potuta durare nove anni come nove mesi, non 
              importa.  
              Una storia di grande gioia, ma anche di grande delusione. Una storia 
              di abbracci e di addii. Di vittorie. Di sconfitte, ovviamente.  
              Una storia di grande complicità e qualche dubbio, di grande 
              intesa e qualche incomprensione. Intensità di emozioni, si 
              fa fatica a spiegarla. E ancora di più si fa fatica a scriverla 
              e a descriverla a chi quelle emozioni non le ha provate, perché 
              non c’era, non può sapere, sa solo dai racconti. 
               
               
               
               
               
               
              Beh, chiamiamola come va chiamata, no? Una storia d’amore. 
               
              E come tante storie d’amore, anche questa è finita. 
              Non senza rimpianto o rancore, è ovvio, non senza una punta 
              di malinconia, non senza un addio tanto improvviso quanto sofferto. 
              Per entrambi, credo. Finiscono così, le storie d’amore? 
              Chi lo sa. Mica sempre, forse, e mica sempre è detto che 
              finiscano. La storia che sto per raccontare, però, è 
              finita, almeno per ora. È stato tempo per noi, direbbe Ligabue. 
              Forse non lo sarà più. O forse sì, chi lo può 
              sapere?  
              Intanto assieme l’abbiamo costruita, una piccola storia. A 
              cui metterò ogni tanto la S maiuscola, lo stile arrogante 
              e autocelebrativo della rubrica che forse da qualche anno state 
              leggendo, questo impone.  
              E io, come vi ho detto, se avete pazienza perché è 
              un po’ lunga, questa Storia ve la voglio raccontare... 
               
               
               
               
               
               
               
              Purtroppo non ho mai avuto grande memoria. E quindi non so dirvi 
              il momento preciso in cui ho conosciuto mister Marco Barozzi da 
              Soliera. 
               
               
               
               
               
               
               
              Direi di essere venuto a sapere della sua esistenza prima per telefono, 
              che di persona. Eravamo in luglio, questo di sicuro, chi vi scrive 
              aveva appena finito il quarto anno di liceo, e quindi parliamo di 
              una vita fa, il protagonista della nostra Storia aveva la sua proverbiale 
              ed epitetica pancia al massimo del suo splendore, e quindi non sembrerebbe 
              si parli di una vita fa. Comunque. Un piccolo merito ce l’ho: 
              il Pancia l’ho scoperto io. Sì perché prima 
              di quel luglio il nostro fruttivendolo allenava in divisioni povere. 
              Ma quell’anno ebbe per le mani il suo primo (e adorato) campione 
              e il suo primo campionato di serie C. Dovevo andare a giocare al 
              Cus Modena (ovviamente serie B, dobbiamo anche discuterne?), il 
              Cus Modena non riusciva a fare la squadra per problemi di soldi, 
              credo, a luglio mi sono rimesso in cerca. Un fortuito caso e una 
              barca di soldi mi hanno portato alla corte di Barozzi e Incerti, 
              appena costituita in quel di Rubiera, provincia di Reggio Emilia, 
              ahimè.  
               
              Al suo primo anno di serie C, la leggendaria diagonale Fangarezzi-Trebbi 
              (che ancora oggi, a 10 anni di distanza, gli esteti del gioco arrogante 
              e la Conferenza Episcopale Italiana rimpiangono) portò il 
              Pancia (fu proprio quell’anno che nacque il soprannome più 
              invidiato dagli allenatori modenesi) fino a un onorevole sesto posto 
              (direi), coronato da alcune scene entrate nell’epica della 
              provincia di Reggio Emilia e non solo: come dimenticare lo spogliarello 
              integrale in corridoio post vittoria con Correggio (premonizione…)? 
               
                O la 
              serata spaziale (in cui il mister c’era col pensiero ma non 
              col corpo) al night club di Caselle di Crevalcore per l’addio 
              al celibato di Silly, con succinte donne a servire tortelloni e 
              una rissa da saloon in un “una contro venti” da autentico 
              film porno?  
              O ancora le epiche cene alla Corte di San Martino in Rio, con Verissimo 
              Marani a prendere sempiternamente per il culo Incerti, il Moro e 
              i rubieresi, dall’alto delle sue vittorie e di fiumi di vino 
              e birra?  
              E delle scorribande con le pallamaniste Dragana e Svetlana, ne vogliamo 
              parlare, interrotte a volte dalla mole del portierone Krazavac? 
               
              Beh, chi vi racconta questa storia aveva 18-19 anni, all’epoca, 
              ultimo anno di liceo, esame di maturità, cose così: 
              ma raramente si è divertito tanto come in quella stagione. 
               
              E noi, cari ragazzi, abbiamo sempre giocato a pallavolo per divertirci. 
              Non che ci faccia schifo vincere, figuriamoci, tipo i due derby 
              quest’anno con Carpi, no per dire… Ma ci piace di più 
              fare altro con la pallavolo. E il Pancia, in questo, è sempre 
              stato perfetto. 
               
              I primi due anni del Pancia in Villa d’oro io non li ho vissuti, 
              perché col mio cugino Eugenio, beh, insomma, in serie C   
              saremmo stati un po’ sprecati, preferivamo bullarci in B2. 
              Quindi non ve li posso raccontare, ma credo siano stati anni di 
              spensieratezza e divertimento. E, ovviamente, cocenti delusioni, 
              visto che la bocca da fuoco della squadra era Armaroli e l’altro 
              bomber si chiamava e si chiama tuttora Riccardo Rontani, 32 anni, 
              padre. Impossibile vincere, insomma.  
              Per di più, in quegli anni, l’onta subita e da lavare 
              col sangue, della promozione in B2 conquistata da Carpi proprio 
              alle Marconi.  
               
              Ci pensa Reghizzi, che regala il titolo di B2 alla Villa nell’anno 
              del centenario.  
               
              Il mercato rossonero 2004/2005 si svolge in seduta unica presso 
              la Polisportiva di Formigine, un venerdì sera di maggio, 
              festa di laurea di non so chi.  Armaroli 
              Manuel (direttore sportivo, oltre che superbomber della squadra 
              ancora per poco) è ubriaco, Eugenio Ugolini (che ha appena 
              fatto retrocedere San Martino in Rio in C) è ubriaco, Alessandro 
              Trebbi (che ha appena salvato Ricchetti in B2 all’Anderlini) 
              è ubriaco. “Venite in Villa il prossimo anno? Abbiamo 
              la B2” “Sì. Tre rum and fruit Benjo, grazie”. 
              Fine del mercato.  
               
              Qualche anno dopo lo stesso Barozzi confiderà a un testimone 
              segreto “A Manuel le cose migliori riescono da ubriaco”. 
              Forse sì.  
               
              Sembrerà strano, patetico, sentimentale o quant’altro, 
              ma quella sera, a quella festa, si forma un gruppo che nel suo piccolo 
              farà delle meraviglie. Anche perché in Villa c’erano 
              già Robbino e Sandro, c’era Emiliano Malavolta detto 
              il Negro, c’era il mio primo amore, Alessandro Guerzoni al 
              secolo  
              “Nano”, c’era il mio glorioso Capitano Leo Carretti, 
              c’era anche Riccardo Rontani, 32 anni, padre. E c’era, 
              ovviamente, mister Marco Barozzi. Oltre ad alcune vecchie conoscenze 
              tipo Gillo o Stefano Nicolini, o Marco Luppi, un altro mio amichetto 
              di lunghissima data, forse la più lunga.  
               
              Beh, a parte i sentimentalismi, quella sera di cinque anni fa iniziano 
              cinque stagioni meravigliose di serie B. E ripeto: meravigliose 
              più per quello che si è creato dentro e fuori da quello 
              strano gruppo che per i risultati, pur eccezionali, in campo. Perché 
              assieme alle partite c’erano risate, cene, uscite, feste, 
              ragazze, vacanze, dieci o mille persone, tutto. E il trait d’union 
              tra l’uno e l’altro ambito, il punto di equilibrio e 
              di pazienza, è sempre stato il Pancia.  
               
              Ora, la prima stagione di B2 rossonera è un po’ particolare: 
              sì, perché dopo un esordio un po’ titubante, 
              Ugolini e Luppi prendono a macinare gioco, Trebbi e Guerzoni affinano 
              l’intesa, Barozzi rischia spesso e volentieri le due punte 
              (Trebbi e Rontani, esperimento ahimè mai più ripetuto) 
              aggredendo gli avversari fin dal primo minuto con due opposti in 
              campo e mandando a puttane la ricezione. E in un batter d’occhio 
              la Villa si ritrova terza a Natale, in piena corsa per la promozione. 
               
            
  P oi, 
              beh, c’è chi dà la colpa alla trasferta di Assen, 
              c’è chi dice che il gruppo si è disunito, si 
              parla di un Nicolini (quello buono, Stefano) studiante in panchina 
              durante il derby a Carpi (ah, persi entrambi quell’anno, ovviamente) 
              assieme ad alcune tortore e bauli, di un Gillo telefonante alla 
              Terrazza a match in corso a Mantova, di un Ugolini perennemente 
              in busca al telefono (ma che diventa proprio quell’anno il 
              Dio del Sesso per acclamazione), di un Pancia colpevolmente diventato 
              troppo difensivista. Alla fine non si sa, però arrivano, 
              dopo Natale, nove e dico nove sconfitte consecutive. La zona promozione 
              si allontana giusto un po’ e anzi, si avvicina di brutto quella 
              retrocessione. Ma noi ci abbiamo le palle, e con un colpo di coda 
              ci salviamo in carrozza, giusto il giorno di recupero dopo che le 
              partite sono state sospese, rinviate, cornute e mazziate per la 
              morte del Papa (anche questa abbiamo combinato…). Un anno 
              un po’ movimentato, certo, ma che è la base per un’impresa. 
               
              La stagione 2005/2006 è quella della promozione in B1. Ora, 
              io non so spiegarmi bene.  Nel 
              senso che alla fine noi facevamo, facciamo e faremo sempre schifo, 
              a questo gioco. Quindi non so se il merito sia del Pancia, dell’acquisto 
              di Sangiorgio (unico vero innesto nel sestetto titolare rispetto 
              all’anno prima, assieme a Papotti, ma lì la colpa è 
              di Malavolta e delle sue ginocchia). Non so se fosse che Bellei, 
              Goldoni e Cozza allenavano la squadra un pochino meglio di Rontani, 
              Gillo e Nicolini e quando entravano facevano faville (chi può 
              scordare i 3 ace di Dade contro Viadana, o il “security serve” 
              di Cozza, o i tamponi di Bellei?).  
              Oppure se il merito, vero, è di un gruppo che aveva e credo 
              ancora abbia tanto entusiasmo nello stare in palestra, voglia di 
              divertirsi assieme, voglia di vincere anche, a tratti. Quell’anno 
              sempre.  
              Fatto sta che in quella stagione noi si perde tre partite.  
              Fatto sta che in quella stagione, finalmente, si vince anche il 
              derby con Carpi. Solo all’andata, perché al ritorno 
              Papotti pe nsa 
              bene di murare out una pipe gnocchissima di Grilli proprio sul match 
              point nel tie-break. Ma tant’è. In quella stagione 
              si batte due volte la diretta rivale Correggio, ma qui non c’è 
              nulla di che stupirsi: il libero di là si chiamava e si chiama 
              Stefano Ricchetti, quando mai quello ha vinto delle partite ufficiali, 
              contro di me?!  
              Bellissime le partite con Correggio all’andata, con Carpi 
              al ritorno (anche se persa), le due con San Miniato con tanto di 
              cori pro-Papa e anti-Ugolini, il ritorno in casa contro Viadana 
              con Ugolini squalificato e il recupero da 7-16 nel terzo e decisivo 
              set, il match impeccabile al PalaRaschi con Aiello che prende casa 
              nelle tasche di Sandrino, la memorabilissima trasferta di Cesena 
              su cui non sto a dilungarmi oltre, dico solo che è vero che 
              Ugolini si è cagato addosso, lo stesso Ugolini che aveva 
              pensato bene di mostrare le pudenda a Montecatini nel primo match 
              al ritorno da Assen. Match vinto, ovviamente. 
               
              E qui apriamo una bella parentesi: non è che abbiamo vinto 
              solo il campionato di B2, quell’anno lì. Abbiamo anche 
               dominato 
              in lungo e in largo il campionato d’Europa, permettendoci 
              di chiudere la semifinale contro il Leningrado con una polacca e 
              schiaffando in faccia ai padroni di casa dell’Assen, davanti 
              a 500 spettatori, una veloce in bagher di Petocchi per Papotti nell’ultimissimo 
              punto della finale che ci ha visto sollevare la coppa dalle grandi 
              orecchie al cielo plumbeo e ghiacciato delle pianure olandesi. Non 
              contenti cos’abbiamo fatto? Con le nostre due squadre 1° 
              e 3° posto a Calella nel torneo internazionale di beach, 1° 
              e 3° posto alla 24 ore di San Martino. E poi campioni del mondo 
              in Germania con il celeberrimo secondo gol di Del Piero ai crucchi 
              in semifinale e col rigore decisivo (il decisivo è il quarto, 
              lo sapete tutti) sempre di Del Piero in finale.  
              Insomma, senza fare gli sboroni (ma no dai, facciamolo, che c’importa!) 
              è l’anno in cui ci viene tutto. Anche tante altre cose 
              che qui non c’è tempo né bisogno di scrivere. 
               
               
              Ora,  
              io sono sempre stato uno di quelli che dice che sì, l’allenatore 
              conta, certo, come no. Ma in campo ci vanno i giocatori. E sono 
              i giocatori che hanno o non hanno il braccino o le palle se devono 
              ricevere sul match point avversario, se devono attaccare il pallone 
              decisivo, se si devono buttare su una palla difendibile sul 24 pari. 
              L’allenatore lì c’entra poco. Forse. Nel senso 
              che Marco Barozzi, quell’anno e anche in altri anni, seppe 
              infondere alla squadra una sicurezza nei propri (buoni ma non eccellenti) 
              mezzi che difficilmente potrà essere ripetuta. Quell’anno 
              ci veniva tutto perché eravamo convinti di essere capaci 
              di fare tutto. E questa è una fiducia che ti viene dai risultati, 
              certo, ma anche dal lavoro che fai in palestra ogni giorno, sul 
              gioco e soprattutto sulla testa. Ci veniva tutto in allenamento 
              e ci veniva tutto in partita. Non ci veniva niente in allenamento? 
              Lo stesso in partita giocavamo benissimo. Si chiama forza mentale. 
              E quindi Marco Barozzi sarà scarso da un punto di vista tecnico, 
              forse non allena bene i giovani, non capisce niente di quello che 
              vede, io non sono un allenatore e m’intendo poco di pallavolo, 
              non lo so. Ma la forza mentale questo qui ce l’ha. E ce l’ abbiamo 
              anche noi, anche grazie a lui, con tutti i suoi e i nostri difetti 
              dentro e fuori dal campo. E con la forza mentale, se supportata 
              da un livello tecnico dal discreto in su, si vince. 
               
              Quando il livello tecnico invece è decisamente inferiore 
              alla media, beh, allora tu puoi avere tutte le risorse caratteriali 
              che vuoi, ma c’è poco da fare. Forse potevamo fare 
              un po’ meglio, l’anno di B1, anche perché dopo 
              la terza giornata eravamo in lizza per la promozione in A2. Però 
              il campionato era troppo, anche per noi. E così, in poco 
              tempo, siamo tornati a casa, seguendo un vecchio adagio carpigiano. 
              A volte lottando, come nelle partite con Cles, a Monselice, a Vicenza. 
              A volte un po’ meno. Alla fine un’esperienza, la prima 
              (forse ultima?) del nostro bel groppone in B1: poteva anche andare 
              peggio!  
               Poche 
              comunque qui le colpe del mister, ovviamente nulle quelle dell’opposto. 
              Avevamo pochi soldi, con quelli abbiamo fatto: contro le corazzate 
              prima economiche che tecniche della B1 c’era poco da fare, 
              allora come adesso. 
               
              L’anno dopo arrivano il Cic, Fabbri e la Gianda, va via Sansa, 
              ma rimane il gruppo storico, insomma, si fa una squadra per provare 
              a tornare su. Ma qualcosa, stavolta, va storto, non si gioca mai 
              veramente bene, Carpi ci umilia per ben due volte mettendo Ugolini 
              in cabina, la zona play off rimane lì a portata per tutta 
              la stagione ma invece che aggredire il traguardo i Barozzi boys 
              si perdono e rimangono quarti a vedere l’Universal che se 
              ne va in B1… ah no, sbaglio io… no forse sbaglia Ferro… 
              boh, Bibione, forssss… GIA’ SAI!  
              Non è che però si possa campare sulle disgrazie altrui. 
              E la nostra stagione 2007/2008, nonostante il quarto posto, è 
              fallimentare, ça va sans dire… 
               
               Così 
              si cambia registro. Nel 2008/2009 si punta dritti a un altro grande 
              obiettivo: la Coppa Italia. L’unico trofeo che, dopo gli allori 
              in campionato e i successi in Europa, manca alla bacheca barozziana 
              e rossonera.  
              La squadra anche stavolta è da metà alta della classifica, 
              nel senso che Fabbry e Zoba se ne vanno, se ne va il mio amore, 
              il Nano, per lasciar posto al mio Edward preferito, Nicolini, se 
              ne va Rubes, ma ritorna Dade, arriva Tulla, arriva Nicolino Barbolini, 
              arriva “ci siam chiavati di peggio” Sacconi assieme 
              all’utilissimo Calvietti. 
              Il campionato è a metà, sempre. Non senza le nostre 
              belle soddisfazioni che si chiamano entrambe Carpi. Due vittorie 
              per 3-1 che impediscono ai cugini il primato e anche il secondo 
              posto, ma che li fanno comunque giungere in B1… no? Beh dai 
              è questo l’anno buono!  
               Beh, 
              due derby signorili, con un Ugolini stellare, un Dade rimarchevole, 
              un Nicolini che sembrava un palleggiatore e chi vi scrive che come 
              al solito, beh… come al solito! E il Pancia che, ovviamente, 
              impazzisce, soprattutto dopo aver espugnato l’unico feudo 
              che gli mancava, quel PalaFerro di Carpi che ora ha impressa nella 
              sua Hall of Fame anche l’orma del sacro addome barozziano, 
              ultima rocca presa, conquistata e umiliata dall’allenatore 
              più vincente di Modena.  
              La Coppa Italia, dicevamo. La Villa e il Pancia capiscono che possono 
              vincerla quando nel doppio confronto natalizio, solitamente indigesto, 
              battono la capolista e futura promossa Viadana. Da lì marcia 
              trionfale: vittoria con Mirandola agli ottavi e con Trebaseleghe 
              (va in B1 pure lei, alla fine dei play off) nei quarti. Poi la Final 
              Four. Asfaltata Gaeta con un sontuoso Bellini… Siamo ad un 
              passo dalla Coppa, dalla Leggenda, dalla Storia con due S maiuscole... 
               
               Ma 
              non tutte le ciambelle riescono col buco. E così Gela, nettamente 
              più forte di noi, vince la finale. A imperituro ricordo rimangono 
              i trofei regalati al Cic come miglior palleggiatore e a mister Secolo 
              quale miglior giocatore del mondo ancora in attività. Rimane 
              la passerella a mezzanotte, coi gelati che vanno a letto e noi che 
              andiamo a Desenzano. Rimane, comunque, un’altra stagione in 
              cui abbiamo lottato, per qualcosa. Si finisce in tranquillità, 
              settimi, ottavi. Alle Marconi, con una vittoria. Poteva finire in 
              un altro luogo e in un’altra maniera, la nostra Storia? No. 
               
              Si finisce, il 9 maggio 2009.  
              E Marco Barozzi, al secolo “Pancia”, me lo dice, nell’ormai 
              consueto abbraccio di fine stagione, per terra l’ultima palla: 
              “Alle, questa è l’ultima”. E come di consueto, 
              il capitano non ci fa caso, non è mica la prima volta che 
              il mister lo dice.  
              Solo che quella era l’ultima davvero.  
                 
              E non mi voglio dilungare sui motivi, sul perché Marco non 
              sia più il nostro allenatore, non mi interessa. 
               
              Ci sarebbero tante cose da dire. Ancora.  
              Ma non voglio annoiare né me stesso né voi.  
              Dico solo che alcune volte il rapporto che c’è tra 
              me (e parlo solo di me, non tiro in ballo altri) e Marco Barozzi 
              è stato discusso, frainteso, tacciato.  
              Aggiungo che a me non me ne frega niente.  
              Io sono contento del rapporto che ho avuto e che ho col MIO allenatore. 
              Perché è sempre stato un rapporto sincero e soprattutto 
              un rapporto di affetto. Perché c’era e c’è 
              la stima e ci sono stati e ci saranno gli scontri. Ma Marco Barozzi 
              è fatto così, ed è sempre stato onesto e genuino 
              con tutti. E ha vinto. 
               
              Grazie mister. Ti voglio bene.  
              Anzi.  
              Ti vogliamo bene. Siamo in tanti.  
              E se siamo qui, se siamo noi, se siamo così uniti e facciamo 
              così tante belle cose assieme, nello sport e non solo, beh, 
              è anche e soprattutto merito tuo. 
               
              Questa è la nostra Storia. E per adesso ci scriviamo la parola 
              “fine”. 
               
              P.S.: parallela su cambiopalla e diagonale in rigiocata Mister, 
              ricordatelo, perché sennò ne faccio 25 anche a te! 
             I 
              VIDEO... 
              29/04/006 - PROMOZIONE IN B1 
              Marco 
              consulta Batta... e la squadra va! 
              E' 
              finita, tutti dal mister! 
              Alle e Manu dal mister... 
              Sotto 
              la doccia! 
               
              19/03/005 - VILLA-CONSELICE (dopo 9 sconfitte...) 
              E' 
              vittoria, per il Mister un mezzo infarto 
               
              27/11/004 - CONSELICE-VILLA 
              La 
              strategia 
              La 
              psicologia... 
               
              24/11/004 - IN SPOGLIATOIO 
              L'incidente 
               
              06/11/004 - POLITICA 
              Basta 
              una vittoria per cambiare idea... 
             
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