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15/03/2002
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Le molecole sono molecole, e non seguono codici morali, se non quelli che gli attribuiamo noi. Il solo criterio per giudicare una macchina è il grado di soddisfazione che vi dà".
Si potrebbe osservare che a volte c'è qualcosa di sbagliato nella macchina ma, ciononostante, l'artista si sente tranquillo. Pirsig risponde: "È contraddittorio, se davvero non te ne importa niente, non ti accorgi nemmeno che c'è qualcosa di sbagliato. Il solo fatto di dire che c'è qualcosa di sbagliato significa che ci tieni. Invece, se sei preoccupato, c'è qualcosa di sbagliato. In questo caso non hai realizzato fino in fondo l'esigenza basilare, che è quella di raggiungere la pace mentale".
Si può ben capire che questa linea di pensiero porta a un più ampio concetto di lavoro, nel quale il coinvolgimento personale attento e cosciente dell'individuo è il metodo principale attraverso cui qualunque opera, per quanto semplice, deve essere svolta; pena, la perdita della propria tranquillità.
La Qualità non deve essere quindi vista come proprietà oggettiva del prodotto o del servizio creato, ma come momento ("Quality event"), nel quale chi realizza la propria opera non si discosta dall'opera stessa; e grazie al quale è in grado di raggiungere la serenità, avendo lavorato per il meglio.
Serenità che sarà immediatamente trasmessa anche a chi del prodotto o servizio sarà fruitore. Ecco che il dilemma fra pubblico e privato, fra servizio e profitto, passa in secondo piano di fronte alla necessità primaria di superare il criterio dell'oggettività. È limitativo vedere nel profitto o nella misurazione del livello di servizio i criteri del successo di una organizzazione. L'organizzazione è fatta di persone, che certamente vivono di quel profitto, e di clienti, o utenti, che certamente godono di quel servizio. Mi sembra che però in fondo tutti cerchino, forse senza saperlo, una sola cosa fondamentale: la propria pace mentale. Se soltanto si comprendesse l'importanza dell'essere tutt'uno con la propria opera, tale pace mentale sarebbe a portata di mano. Chiediamo: "Quanto costa?", e non: "Quanto vale?"; "Quanto ho preso?", e non "Cos'ho appreso?".
E questo non aiuta chi ci sta fornendo la sua prestazione a pensarsi, in primo luogo, artista. A chi urla: "Abbasso il profitto", rispondo, con il buon vecchio Massari: "Sì, viva le perdite!".
Ma è una risposta che mi soddisfa solo in parte. E a chi mi chiede di valutare oggettivamente il livello qualitativo del servizio, dopo averci pensato un po' su, sentenzio: "Galoppante verso la Qualità".


email: fabietto13@libero.it