Se c'è una cosa fondamentale in ogni sport, questa è la polemica.
Non potrebbe essere altrimenti. È il sale dell'agonismo, è l'indice
di un impegno costante e di una passione travolgente. Perché evitarla?
No, forse l'unica cosa da fare è cercare di limitarla. O meglio, il
suo posto è il campo, la palestra, l'arena, insomma deve restare legata
all'evento per tempo e spazio. Niente di più. Dopo, se proprio si vuole,
si discute ma con la consapevolezza che non si arriverà mai a niente. Detto
questo, quello che adoro del volley è che le famose pene calcistiche ci
fanno un baffo. Nessuna moviola, nessuna devastazione ultrà, nessuna sudditanza
ecco se c'è una cosa che non si può imputare ai nostri amati arbitri
è la famigerata sudditanza psicologica. Anche perché, se sono vere
le supposizioni dei colleghi calciofili (favori, potere ecc), nel mondo del "Volley
in bancarotta" in cui viviamo c'è poco da sudditare
si pesca
poco insomma. Ad esempio. Nel derby di sabato tra Audax Casinalbo e Stadium
Mirandola pare ne siano successe di tutti i colori. Ci tengo a sottolineare
il "pare" perché non avendo Tv, moviole, Mughini e Abatantuono
non mi posso assolutamente permettere la certezza. Qualcuno mi dovrebbe spiegare
poi perché loro sì
comunque. Stando alle testimonianze di
due parti su tre - restano in silenzio stampa gli arbitri - sul finale del secondo
set, in un incredibile vantaggio Audax, l'arbitro fischia proprio ai ragazzi
di Lodi un errore di formazione "oggettivamente" inesistente e una palla
fuori in "realtà" toccata. Risultato: Pederzini, comprensibilmente,
si scalda un po' e quando l'arbitro si accorge che quel toro da 95 Kg per 190
cm ce l'ha con lui, altrettanto comprensibilmente, lo espelle. Finisce in spogliatoio
anche un dirigente e, come ovvio, la partita va in vacca. A Bologna, durante Bellaria-National
Transports non va molto diversamente. La coppia arbitrale decide, com'è
suo diritto, di non lasciar correre i palleggi dubbi. Perfetto. Le attribuzioni
di fallo di questo tipo però arrivano tutte alla fine del primo e del secondo
set, da entrambe le parti. Risultato: incapperatura generale visto che azioni
belle e tirate finivano con un fischio di "doppia", giallo meritato
ad Armaroli. Veniamo al cosiddetto succo del discorso. Mi permetto di
rivolgermi alla classe arbitrale in genere e alla Santissima Federazione.
Lo faccio a nome di molti giocatori. Nessuno mette in discussione buona fede,
serietà o altri fattori sociocomportamentali. La sudditanza, i rolex
e i movioloni li lasciamo dove sono. Però ci permettiamo un consiglio,
un'indicazione dal campo, insomma un aiuto ai lavori siccome a rimetterci il fegato
poi siamo noi. Il problema non è il vostro giudizio che, come da regolamento,
è imparziale e inoppugnabile, ma il metodo. Perché esistono
falli che possiedono intrinsecamente una valutazione così soggettiva da
avere applicazioni diverse in momenti diversi della partita? Perché fischiare
falli dubbi o presunti tali sul finale di un set combattuto? Perché non
si riesce ad ammettere di aver sbagliato? È tutto qui. Non è concepibile,
ad esempio, che tre falli consecutivi - due doppie e un palla fuori - arrivino
sul 21-21. Non è poi possibile che di fronte ad un evidente errore di giudizio
non si torni indietro. Se lo fa uno poi, perché non possono farlo tutti?
È vero, si può errare in buona fede convinti del giusto. Nulla
da dire. Ma non deve essere una giustificazione quando gli errori sono troppi,
perché a rischio, in fondo, non è la reputazione di un singolo arbitro,
ma la professionalità di una classe dirigente e di un sistema. Ciao
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