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 "Uno 
              spettro si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo. Tutte 
              le potenze della vecchia Europa (...) si sono alleate in una caccia 
              spietata contro questo spettro. Quale è il partito di opposizione 
              che non sia stato tacciato di comunista dai suoi avversari che si 
              trovano al potere?". 
               
              Ogni promessa è debito, indi per cui mi sdebito. 
               
              La citazione di poc'anzi, ad una prima e disattenta lettura, potrebbe 
              essere senza molti dubbi attribuibile a Silvio Berlusconi e ad una 
              descrizione lineare della sua politica revisionista. Non è 
              però da sì somma fonte che proviene il virgolettato, 
              bensì dalle prime righe de "Il manifesto del partito 
              comunista" a firma Karl Marx e Friedrich Engels. Mi serve però 
              non a comparare i filosofi di allora con quelli di ora, ma ad introdurre 
              i due filoni del mio ragionamento. 
               
              Partiamo dallo "spettro", dal comunismo in senso lato 
              e storico: ciò che predicava Marx, in maniera del tutto teorica 
              e non empiricamente dimostrata e dimostrabile, nonostante i suoi 
              sforzi, era un inevitabile crollo del capitalismo e del suo sistema 
              economico che doveva e poteva essere sostituito da una rivoluzione, 
              armata se necessario, del proletariato (inteso come le classi meno 
              abbienti e sfruttate) che portasse alla distruzione della borghesia 
              per prendere possesso dei mezzi di produzione. Passo successivo 
              collettivizzare i mezzi di produzione e dare vita ad una società 
              equa e con pari diritti, dignità, dinari per tutti. Idea 
              meravigliosa dal punto di vista teorico, molto più difficile 
              da mettere in pratica, data anche l'enorme contraddizione insita 
              ad un movimento che intende fare dell'eguaglianza e della giustizia 
              le sue bandiere, annientando però del tutto, a monte, una 
              classe sociale (la borghesia).  
               
              Questo, in soldoni sia ben inteso, il sostrato teorico della faccenda: 
              un'utopia, che pone davanti a tutto un altruismo che l'uomo non 
              possiede come peculiare (errore antropologico quindi?), che disegna 
              una società stagnante, in cui la competizione e la lotta 
              per il successo siano pressochè del tutto assenti (grave 
              errore sociologico ahimè), che presuppone comunque un collasso 
              del capitalismo mai verificatosi, sia per le sempre nuove risorse 
              trovate da quest'ultimo sia per lo sviluppo tecnologico non ben 
              ponderato da Marx (errore economico). Il comunismo è una 
              teoria magnifica, sognante, illusionista, ma irrealizzabile. O, 
              quantomeno, non applicabile per quanto è stato dimostrato 
              dalla storia, dall'economia e dalla psicologia. 
               
              Passiamo alla storia quindi: all'economia del socialismo reale sono 
              state associate, sempre, sanguinose dittature. A partire da quella 
              sovietica, che ha soffocato il dissenso coi gulag, i campi di lavoro, 
              gli eccidi e gli esili, per proseguire in tutto l'Est europeo post 
              seconda guerra mondiale, arrivando a Cina, Cuba e Sud-Est asiatico. 
              Se vogliamo tra questi stati c'è una non marginale differenza. 
              In Russia, in Cina, a Cuba e in Vietnam il socialismo è stato 
              introdotto dopo una rivolta popolare che lo reclamava. La differenza 
              non è sottile ma i risultati, in termini di annientamento 
              delle libertà individuali, sono gli stessi. Il perchè 
              tutti i paesi che hanno vissuto un'esperienza comunista siano sfociati 
              in una dittatura più o meno sanguinosa non è facile 
              da analizzare: forse proprio perchè la teoria comunista va 
              contro a quelle che sono le aspirazioni della maggior parte della 
              gente, c'è stato bisogno di reprimere il malcontento duramente, 
              per consentire ai potenti di rimanere al loro posto. O forse, per 
              dirla con Doc Brown, può essere stata una ferale quanto "incredibile 
              coincidenza". 
               
              Il comunismo, purtroppo o per fortuna, è uno sconfitto della 
              storia: non ha rappresentato una valida alternativa al capitalismo. 
              Ha fatto vivere meglio, essendo stato attuato non alla lettera, 
              ben inteso, milioni di persone (Cuba è il paese dell'America 
              Latina con la migliore istruzione e sanità, la Cina riesce 
              a sfamare un miliardo e mezzo di bocche, l'Urss è stata, 
              anche se in maniera effimera, la seconda potenza mondiale), ne ha 
              fatte vivere male, o ancor peggio ne ha uccise, altrettante.  
               
              Il comunismo è stato sconfitto dalla storia e, prima di tutto, 
              da se stesso.  
               
              E nessuno in questa sede difende le efferatezze dei regimi comunisti, 
              specialmente quello cinese e quelli est europei e sovietico, anche 
              se forse tali efferatezze non derivano direttamente dalla teoria 
              marxista. Faccio notare qui la più grande differenza tra 
              il comunismo e il nazismo che vengono così spesso ed in maniera 
              così ignorante accostati: la teoria comunista prevede un'azione 
              violenta (come possibilità, non come dogma) nella presa del 
              potere da parte del proletariato. Ma, per la gestione del potere 
              da parte dei proletari, nè nel "Manifesto" nè 
              nel "Capitale", nè in nessuno altro scritto di 
              Marx ed Engels, si parla di violenza. Per il nazismo la violenza 
              è politica, è teorica, è assolutamente indispensabile 
              per il mantenimento dell'ordine, per l'espansione, per purificare 
              la razza. Il nazismo teorizza il genocidio. Non c'è paragone. 
              Ciò non toglie che la condanna verso i regimi comunisti sia 
              totale. 
               
              Passiamo al secondo filone d'indagine: il "tacciare" di 
              comunismo i partiti dell'opposizione, con particolare riferimento 
              alla realtà italiana. Il buon Berlusconi, certamente, ignora 
              la storia italiana. Una semplice constatazione, non un giudizio 
              di merito, ben inteso. Ma usare il termine "comunista" 
              con intenti minatori, terroristici e denigratori è un errore 
              storico grave e imperdonabile. La storia della nostra penisola ci 
              dice che il Partito Comunista Italiano, pur seguendo un'ideologia 
              che poc'anzi abbiamo visto fallimentare, ma comunque legittima e 
              non violenta nè disonorevole, ha contribuito non poco allo 
              sviluppo della democrazia nel nostro paese.  
              Circa il cinquanta per cento delle truppe di partigiani formatesi 
              durante la Resistenza, che hanno consentito (assieme agli Alleati) 
              la Liberazione dal nazifascismo, erano composte da militanti del 
              Partito Comunista, le cosiddette Brigate Garibaldi. Ci sarà 
              sicuramente chi obietterà che Pansa ci ha squarciato un velo 
              mostrandoci la Vera Verità col suo libro, ma gli esaltati 
              (minoranza esigua, comunque, tra i partigiani) ci sono ovunque, 
              a destra, a sinistra, al centro. Ed in guerra l'esaltazione spesso 
              sfocia in pazzia omicida. Le stesse cose le hanno fatte partigiani 
              cattolici, azionisti, monarchici. E gli Alleati. 
               
              Palmiro Togliatti, pur nell'errore grave di appoggiare l'Urss e 
              l'invasione dell'Ungheria (ma quanto erano lontane, al tempo, la 
              Russia e l'Italia!), ha evitato la guerra civile: nell'immediato 
              dopoguerra, non aizzando una rivoluzione possibile, visti i numeri 
              menzionati poc'anzi; nel 1948, quando da un letto di ospedale invitò 
              gli ex-partigiani già con le armi in mano a comportarsi in 
              maniera civile e ad abbassare i fucili dopo l'attentato. Inoltre 
              Togliatti ed il PCI sono stati attivi protagonisti della stesura 
              di una delle migliori costituzioni europee (forse è per questo 
              che ora si cerca di distruggerla), in collaborazione stretta e pacifica 
              con DC e PSI. Il Partito Comunista Italiano dal 1968, pur mantenendo 
              rapporti ideologici inevitabili, si è sempre più staccato 
              dalle posizioni sovietiche, assumendo un ruolo chiave nella civilizzazione 
              del paese (vi dicono niente le parole divorzio e aborto?), consentendo 
              ai lavoratori italiani di avere uno statuto che li tutelasse, garantendo 
              una politica di confronto con la Democrazia Cristiana sfociata nei 
              governi di solidarietà nazionale a cavallo tra 1978 e 1979. 
              Il Partito Comunista Italiano non ha mai avuto alcun legame con 
              la malavita e coi terroristi ed anzi li ha sempre condannati e combattuti. 
              È bene inoltre ricordare che il Partito Comunista Italiano 
              ha per 45 anni rappresentato circa il trenta per cento della popolazione 
              italiana, non mi sembra poco. Il Partito Comunista Italiano ha contribuito 
              fortemente allo sviluppo della civiltà e della DEMOCRAZIA 
              nel nostro paese. 
               
              Solo chi ignora può dire le cose che dicono Berlusconi, il 
              prode ministro Giovanardi e tanti altri. O forse chi vuole riscrivere 
              una storia che può essere criticata, re-interpretata o peggio 
              travisata, revisionata, offesa. Ma non cancellata. Si può 
              non condividere l'ideologia fondante del PCI, ma non si può 
              non rispettare il PCI. 
               
              Altrimenti spiegatemelo voi: che male c'è a essere stato 
              e ad essere comunista, in Italia? 
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